La lotta con e senza le armi: il 15 agosto e il suo significato nella fase attuale

Introduzione


A seguito della proposta di Abdullah Öcalan contenuta nel suo messaggio pubblicato il 27 febbraio 2025, il comitato centrale del PKK ha tenuto il suo 12° congresso. Il 12 maggio 2025 è stata presa la decisione di sciogliere il partito e di porre fine alla lotta armata. In occasione del 42° anniversario dell’inizio di questa, il 15 agosto 1984, vogliamo condividere con voi la nostra analisi sulla sua importanza nella storia del popolo curdo e sul significato della decisione di interromperla in relazione alle attuali dinamiche tra forze egemoniche e democratiche internazionali.


Contesto storico: la necessità di imbracciare le ar
mi

“Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è stato fondato nel XX secolo, uno dei periodi più violenti della storia.” Questa è la prima frase dell’Appello per la Pace e la Società Democratica, arrivata da Imrali e letta dai rappresentanti del partito DEM in Turchia il 27 febbraio 2025. Il PKK fu fondato nel 1978 per dare un quadro organizzativo alla tesi e al motto: “Il Kurdistan è una colonia”. Quando Rêber APO1 riporta che quando sussurrò questa frase per la prima volta quasi svenne. Fu il primo tuono della tempesta che avrebbe iniziato a rivelare questa rastî, una parola che in curdo significa sia verità che realtà. Una frase così semplice negli anni ’70 in Turchia ebbe un effetto dirompente. Fu una verità sconvolgente, non solo per lo Stato, che naturalmente si fonda sulla negazione e sull’oppressione, ma soprattutto per le altre forze rivoluzionarie. Queste forze, accecate da un’interpretazione dogmatica e sciovinista del marxismo-leninismo e sotto l’influenza del kemalismo2, osservavano con sospetto il primo gruppo di rivoluzionari curdi, arrivando addirittura a contrastarli. Nel suo appello, Rêber APO identifica il panorama politico e ideologico plasmato dalle due guerre mondiali, dal socialismo reale e dalla Guerra Fredda come la “condizione fondamentale per l’emergere del PKK”.

Il gruppo fondatore del PKK era composto interamente da giovani studenti e il PKK nacque come movimento ideologico e politico. Inizialmente, non vi era intenzione di avviare una lotta armata. Ma divenne presto chiaro che lo Stato-Nazione turco, in quanto paese che agisce secondo il principio “Una nazione, una bandiera, una lingua”, non avrebbe accettato alcuna seria alternativa al suo paradigma nazionalista.

A causa di questa politica e del ruolo della Turchia negli interessi della NATO, la Turchia fu anche il luogo in cui le pratiche di controinsurrezione e di guerra speciale raggiunsero alcuni dei massimi livelli di violenza. Gli esempi a cui i Rivoluzionari Curdi, il gruppo attorno a Rêber Apo, facevano riferimento in quel periodo, erano quelli delle precedenti generazioni di militanti della sinistra turca che avevano condotto una lotta imponente, anche armata, contro lo Stato durante gli anni ’60. Con il colpo di stato militare del 12 marzo 1971, questa generazione fu quasi annientata. Personalità come Deniz Gezmiş3, che proclamò l’immortale fratellanza tra il popolo curdo e quello turco prima di essere impiccato, ebbero un’enorme influenza sui rivoluzionari più giovani come Rêber APO. Eventi come quello forgiarono la natura internazionalista4 del partito. Il tema della lotta armata è naturalmente collegato al tema della vendetta rivoluzionaria contro gli oppressori. Imbracciare le armi era una necessità, imposta al partito a causa della brutale repressione statale. In sostanza, la lotta armata era l’unico modo per sopravvivere come movimento rivoluzionario. In occasione dell’assassinio di Heqî Karer, il 18 maggio 1977, la risposta di Rêber APO su questo argomento è un esempio della mentalità che da allora ha sempre caratterizzato la linea del partito: “La nostra vendetta contro i collaborazionisti che hanno ucciso Heqî Karer non sarà semplicemente quella di ucciderli, la nostra vendetta sarà la fondazione del partito”. Questa mentalità è stata un fattore chiave per il successo del PKK: non rispondere alla violenza in modo simmetrico, ma essere creativi e liberi, per rispondere in modi totalmente inaspettati. La deposizione delle armi e lo scioglimento del partito sono una di queste risposte.

In quella fase, il livello di violenza politica era altissimo, non solo praticato dallo Stato, ma anche da gruppi di estrema destra, gruppi islamisti e tra esponenti della sinistra gli uni contro gli altri. Ciò che ha mantenuto in vita il PKK in quel periodo non sono state le sue armi. È stata la lungimiranza di Rêber Apo, che ha intrapreso le giuste azioni politiche e ha rafforzato i quadri del PKK attraverso una continua formazione ideologica, senza mai recidere il legame con la società. Grazie a questa consapevolezza, l’organizzazione ha trasferito la maggior parte dei suoi quadri nel Libano occupato dalla Siria poco prima del colpo di stato militare del 12 settembre 1980, e ha continuato a operare clandestinamente tra la società curda nel Kurdistan settentrionale e in Turchia. In Libano, in particolare nei campi dell’OLP5 nella valle della Beqa’a, il PKK ha iniziato ad addestrare le prime file della guerriglia, a questo punto con il chiaro obiettivo della lotta armata. Allo stesso tempo, combattevano insieme ad altri internazionalisti del Medio Oriente e del resto del mondo contro l’invasione israeliana del Libano meridionale nel 1982. Nello stesso periodo, la giunta militare in Turchia stava conducendo una guerra immane contro il PKK e le poche altre organizzazioni di sinistra che ancora resistevano nella società e nelle carceri. Le torture subite da migliaia di compagni ad Amed e in tutte le altre prigioni, tutti i martiri caduti e le azioni coraggiose da loro compiute, sollecitavano una risposta forte da parte del partito. Questa risposta arrivò finalmente il 15 agosto 1984 con l’azione di guerriglia guidata dal comandante Agit6 contro due avamposti dell’esercito turco. Come fu subito chiaro, il valore di quest’azione non era militare, ma storico e politico. Più che un’azione contro la realtà esterna del nemico, fu un’azione contro la mentalità oppressa interiorizzata e la dimostrazione che era possibile e necessario superarla. Era il modo più urgente e legittimo per proteggere l’onore del popolo, così come era stato protetto attraverso la resistenza nelle prigioni.


Questa giornata è celebrata nella società curda con il nome di “cejna vejînê”, la “celebrazione della rinascita”, per sottolineare che da quel giorno l’esistenza del popolo curdo non poteva più essere negata. L’azione del 15 agosto portò alla prima rivolta nella storia dei curdi in cui non combattevano per avere un regno o un re curdo. In questo modo, si rompeva con l’approccio sciovinista turco e con il nazionalismo primitivo curdo. Fu l’inizio di una lotta che guardava oltre il nemico stesso con l’obiettivo di cambiare un sistema sociale feudale millenario che aveva sempre portato i curdi a collaborare con il potere dominante. Importanti compagne come Şehîd Sara7 hanno fatto parte della storia del partito fin dalla sua fondazione. La sua avanguardia e quella di Rêber APO verso il tema della partecipazione femminile alla lotta hanno portato migliaia di donne ad abbandonare i loro ruoli tradizionali per intraprendere il percorso rivoluzionario del PKK negli anni ’90. Una conseguenza della partecipazione delle donne è l’intensificarsi del dibattito interno sulla lotta di genere e su come attuare la libertà femminile all’interno delle fila del PKK. Nel 1993 fu creato l’esercito di guerriglia femminile e sempre più donne divennero comandanti importanti nella lotta. Questo evento rappresenta un momento chiave per le donne che hanno potuto così scoprire la propria forza. Ogni proiettile sparato da queste donne non era diretto solo all’esercito turco, ma all’intera mentalità sessista che è alla base di ogni oppressione e colonialismo.



Il cambio di paradigma: combattere oltre lo Stato, il potere e la violenza

La creazione dell’esercito delle donne nel 1993 è il segnale che, in quell’anno, un profondo cambiamento è in atto all’interno del partito. Questa questione è più ampia di un semplice sviluppo militare e sociale: è possibile vedere in questo momento l’inizio di quello che il movimento definisce “cambio di paradigma”. Pochi anni prima, nel 1989, l’Unione Sovietica era caduta, con enormi conseguenze per tutti i movimenti di liberazione nazionale del mondo. Sebbene il PKK non abbia mai ricevuto un sostegno attivo dall’URSS, la sua fine rende necessaria per il partito una rinnovata comprensione del paradigma socialista. La fine del socialismo reale in URSS ha svelato una realtà fatta di negazione della libertà. In molte parti del mondo, i movimenti di liberazione che sono riusciti a ottenere l’indipendenza e a costruire un proprio Stato spesso non hanno ottenuto né prosperità né pace. In base a queste realtà, divenne chiaro a Rêber APO che l’unico modo per affrontare la modernità, per dimostrare che la tesi della “fine della storia”8 era falsa, era intraprendere un processo di rinnovamento dei fondamenti ideologici del partito. Nel 1993, fu fatto il primo tentativo di avviare un processo di pace con lo Stato; Turgut Özal, allora presidente, pago’ con la vita per questo tentativo9. In quel momento, Rêber APO si rese conto che l’obiettivo del PKK e di qualsiasi autentica organizzazione rivoluzionaria della modernità non poteva più essere l’idea di “prendere il potere”, che l’idea di democrazia nel quadro dello Stato, in particolare dello Stato-nazione, non è altro che una menzogna millenaria per legittimare l’oppressione. La democrazia nasce solo dalla società e dalle sue strutture storiche; migliaia di anni più vecchia di qualsiasi Stato. Nel 1999, Rêber APO decise di lasciare la Siria a causa della minaccia turca di dichiarare guerra alla popolazione del Paese se si fosse rifiutata di obbedire. Poiché anche l’opzione di andare in montagna avrebbe portato a un’intensificazione della guerra, decise di recarsi in Europa con l’obiettivo di guidare il lavoro politico e diplomatico per il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei popoli e per una soluzione politica. È noto che, mentre cercava un paese che gli concedesse lo status di rifugiato politico, Rêber APO fu rapito da una cospirazione ordita da NATO e Israele e consegnato alla Turchia.

Da allora è imprigionato sull’isola-prigione di Imrali. In quei 26 anni di isolamento, il leader del movimento ha analizzato la storia umana, la sociologia e ha formulato una critica costruttiva del marxismo. Il risultato di questo sforzo intellettuale ha dato vita ai 5 libri del Manifesto della Modernità Democratica, un’ideologia rinnovatrice che è stata poi discussa, implementata e divenuta il faro del partito e dell’intero movimento per la libertà. Il nuovo paradigma indaga le radici del “potere”, la sua nascita in un certo momento della storia dell’umanità, attraverso l’oppressione delle donne, della giovnetù e della natura. Secondo queste e altre tesi, il movimento ha sviluppato un modello di democrazia radicale basato sulla natura comunale della società. Questo tipo di democrazia non ha bisogno di essere creato, esiste già. È sempre sopravvissuta alla modernità capitalista ed è praticata ai margini della civiltà statalista da comunità montane e rurali, organizzazioni di quartiere, movimenti culturali e studenteschi, sindacati dei lavoratori e altri settori della società fino a oggi. Per proteggere questa democrazia, l’autodifesa è un diritto innegabile. Per questo motivo, la guerriglia del PKK ha sviluppato metodi innovativi per affrontare il secondo esercito più grande della NATO. Dopo 42 anni di lotta armata, HPG e YJA-STAR10 hanno raggiunto, da un lato, un livello di professionalizzazione e radicamento nella società e nell’ambiente da non poter essere sconfitti dalla NATO. Dall’altro lato, non sono stati in grado di rovesciare l’apparato militare dello Stato. Ciò ha portato a una situazione in cui si sono dovuti trovare metodi diversi dal classico successo militare.

In una fase in cui tutte le forze egemoniche insistono sulla guerra, un passo verso la pace è stata una decisione molto coraggiosa e strategica presa da Rêber Apo. La scusa usata fino ad ora per condurre una guerra di liquidazione contro l’intero Movimento di Liberazione Curdo è stata la lotta al “terrorismo”. Questa è la scusa che è stata usata a livello internazionale per massacrare la società, imprigionare migliaia di politici e militanti e costringere milioni di curdi a fuggire dalla loro patria. Con il passo di deporre le armi, Rêber APO vuole sottrarre questa linea di ragionamento allo Stato, per costringerlo a compiere passi politici. Quindi la prospettiva chiara è quella di porre fine a qualsiasi attività militare contro lo Stato turco e di condurre il conflitto su basi politiche. Poiché l’esistenza dei curdi è stata negata per decenni, questa base non è esistita per molto tempo. Come ha affermato Rêber APO nel suo “Appello per la pace e una società democratica”: “La necessità di una società democratica è inevitabile. Il PKK, il più lungo e vasto movimento insurrezionale e armato nella storia della Repubblica [turca], ha trovato base sociale e sostegno, ed è stato principalmente ispirato dal fatto che i canali della politica democratica erano chiusi”.

Ma dopo un’enorme lotta per l’accettazione dell’esistenza dei curdi, questi canali sembrano aprirsi. Rêber Apo sta usando l’attuale debolezza politica ed economica della Turchia come un’opportunità per costringere finalmente lo Stato turco a cambiare la sua politica verso il riconoscimento dei curdi. Le agenzie di stampa che riportano la “resa del PKK” stanno sostenendo la guerra psicologica che la Turchia cerca di diffondere per camuffare la propria posizione di debolezza. In questi termini, il processo di deposizione delle armi non assomiglia al processo di pace di nessun altro Movimento di Liberazione Nazionale. La posizione del movimento è molto forte, quindi deporre le armi è principalmente un passo strategico, che ovviamente dipende anche dalle azioni della controparte. Se questo processo avrà successo, avrà un impatto positivo non solo sul Kurdistan, ma anche su altre regioni, poiché il conflitto israelo-palestinese ne risentirà e la posizione dei popoli oppressi del Medio Oriente e del mondo trarrà vantaggio da questi cambiamenti storici. Naturalmente, questo non cambia nulla nella linea dell’autodifesa. Nei luoghi di minaccia diretta da parte di altre forze armate, come in Rojava o a Şengal, la necessità dell’autodifesa armata persiste. In questi luoghi, deporre le armi significherebbe per la popolazione un grave pericolo di essere nuovamente massacrati dalle forze jihadiste. Come afferma Rêber Apo, un popolo in grado di condurre una lotta di autodifesa armata è un popolo onorevole. Negli ultimi 42 anni, il popolo curdo ha riconquistato la sua onorevole esistenza e ora compie nuovi passi verso una soluzione politica per sé e per tutti i popoli.

Oggi, 15 agosto, ricordiamo la lotta intrapresa e commemoriamo gli Şehîd che hanno dato la vita nella lotta per la libertà. Essere dove siamo oggi è possibile solo grazie alla resistenza che è stata condotta. Ecco perché, in occasione del 15 agosto, è più importante che mai ricordare la storia della resistenza e celebrare la rinascita del popolo curdo e dei popoli del Medio Oriente.


Lunga vita al Comandante Egîd – Lunga vita al 15 agosto!

1 Abdullah Öcalan.
2 Il mondo deriva da Mustafa Kemal Atatürk e descrive l’ideologia alla base della fondazione della Repubblica di Turchia nel 1923: una razza, una religione, una lingua.
3 Deniz Gezmiş: giovane rivoluzionario turco marxista-leninista, impiccato all’età di 25 anni.
4 I primi compagni di Abdullah Öcalan furono Heqî Karer, turco, e Kemal Pîr, del popolo Laz.
5 OLP: Organizzazione per la Liberazione della Palestina
6 Mahsum Korkmaz, noto come Heval Egîd, fu il primo comandante della guerriglia. L’accademia centrale del partito prese il suo nome.
7 Sakine Cansiz, nota come Şehîd Sara, è una delle due donne che facevano parte del congresso di fondazione. È un’avanguardia del partito delle donne e dell’ideologia di liberazione femminile.
8 La fine della storia è una tesi politica sviluppata da Francis Fukuyama secondo cui tutti i sistemi politici della storia evolvono verso il liberalismo democratico, l’ultima forma di stato della storia dell’umanità.
9 Dopo alcune riforme politiche volte a creare le basi per il processo di pace, come il riconoscimento formale della lingua curda e il suo uso pubblico, il processo si è concluso a causa dell’assassinio di Turgut Özal da parte dello Stato profondo turco.
10 YJA-STAR: unità di donne libere, la guerriglia femminile.

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