Nel mese di maggio pubblichiamo una serie di articoli riferiti alla storia di rivoluzionar* e delle loro lotte. Le storie e le lotte di Bobby Sands e Ulrike Meinhof, Hakî Karer e Deniz Gezmi ancora oggi hanno un significato particolare per noi e prospettive rivoluzionarie per il futuro. Come internazionalist* portiamo avanti la loro eredità e la loro lotta, fino a quando il successo sarà nostro.
Ricordando gli Şehid di maggio: Haki Karer, Deniz Gezmiş, Ibrahim Kaypakkaya, Mahmut Zengin, Eşref Anyik, Ferhat Kurtay e Necmi Öner: Internazionalismo e resistenza nelle carceri
Il mese di maggio segna lo Şehadet (martirio) di molte figure importanti nella lotta contro il fascismo turco. I tre amici in onore dei quali è stato scritto questo articolo, Şehid Haki Karer, Şehid Deniz Gezmiş e Şehid Ibrahim Kaypakkaya, erano di origine turca, ma la linea che questi amici contribuirono a creare fu una linea di internazionalismo. Nessuno di questi amici credeva che la libertà della popolazione turca potesse essere raggiunta senza simultaneamente realizzare la libertà della minoranza curda e di altre minoranze all’interno dei confini dello Stato turco. Il martirio di questi amici funge da potente promemoria dell’importanza di una prospettiva internazionalista e del perché sia necessario che tutte e tutti siano uniti nella lotta per superare il capitalismo e ottenere la libertà per tutte e tutti.
Questo mese è anche un momento particolarmente importante nel contesto attuale, dato che molti degli Şehid caduti a maggio, sono caduti in azioni di resistenza nelle carceri dove erano reclusi. Con oltre 7,000 amiche e amici attualmente in sciopero della fame nelle carceri turche, è necessario arrivare a conoscere le radici di questa resistenza e ricordare i nomi di coloro che sono caduti lottando nelle galere di Amed n. 5 e Mamak.
Haki Karer è forse una delle figure più importanti nella storia del PKK. Dopo che Abdullah Öcalan venne rilasciato dal carcere di Mamak alla fine del 1972, si avvicinò a Haki Karer e Kemal Pir con i quali iniziò ad organizzare le basi del partito e un nuovo movimento politico. In quel periodo Haki Karer era uno studente all’Università di Ankara, ma, dopo una decisione presa nell’incontro di Dikmen nel 1976, gli amici decisero di rendere il Bakur il luogo centrale della loro organizzazione. Haki Karer prima si trasferì a Batman e poi ad Antep. Come la maggior parte degli internazionali che vengono in Rojava per unirsi alla rivoluzione, Haki Karer non sapeva parlare il Kurmanci quando arrivò per la prima volta nel Bakur, ma nonostante questo riuscì ad organizzare instancabilmente anche senza conoscere la lingua. Il 18 maggio 1977, Haki Karer fu assassinato in una caffetteria da Alaattin Kapan, un membro di ‘Sterka Sor’, un’organizzazione creata per sembrare parte della sinistra curda, ma che più tardi si è scoperto essere associata all’operazione di contro-guerriglia della NATO, l’operazione GLADIO. Leggendo Öcalan, è chiaro quanto fosse forte il legame tra i due amici. Öcalan si è riferito a Haki Karer e Kemal Pir come la sua ‘anima segreta’ e dopo la morte di Haki Karer promise di costruire il partito come risposta diretta,
‘La nostra piattaforma politica e il nome della nostra organizzazione, PKK, è stata costruita come diretta conseguenza del suo assassinio (di Haki Karer). Noi tutti lo consideriamo suo lascito’.
Haki Karer quindi può essere considerato il primo Şehid internazionalista nella lotta del PKK ed è essenziale per noi ricordare la sua diligenza e la sua dedizione, nonostante gli ostacoli linguistici che dovette affrontare.
Deniz Gezmiş fu un’altra figura che ispirò Abdullah Öcalan quando era un giovane studente. Gezmiş nel 1971 fondò l’Esercito di Liberazione del Popolo della Turchia (THKO) insieme ad altri due compagni, Yusuf Aslan e Hüseyin Inan. Gezmiş era un marxista-leninista radicale che, prima della sua cattura nella primavera del 1971, era stato in Giordania per addestrarsi come guerrigliero con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), un passo che il PKK più tardi avrebbe seguito all’inizio degli anni ‘80 quando inviò centinaia di combattenti in Libano per addestrarsi insieme al Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP). Dopo la sua cattura, Gezmiş fu accusato di aver violato l’articolo 146 del codice penale turco relativo a tentativi di ‘rovesciare l’ordine costituito’ e condannato a morte dallo Stato turco il 3 maggio 1972. Dopo l’esecuzione di Gezmiş il 6 maggio 1972 Öcalan scrisse, ‘l’esecuzione di Deniz Gezmiş e dei suoi compagni chiede a noi onesti simpatizzanti di continuare il loro percorso.’ Gezmiş fino alla sua morte fu un forte sostenitore della lotta per un Kurdistan libero e un internazionalista. Le sue ultime parole sono un’ispirazione per chiunque abbia una coscienza anti-imperialista, rivoluzionaria,
‘Lunga vita a una Turchia completamente indipendente. Lunga vita alla grande ideologia del marxismo–leninismo. Lunga vita alla lotta del popolo turco e del popolo curdo per l’indipendenza. Sia maledetto l’imperialismo. Lunga vita ai lavoratori e ai contadini.’
Ibrahim Kaypakkaya fu un importante leader del movimento comunista in Turchia alla fine degli anni ‘60 e ‘70. Fondò il Partito Comunista della Turchia/Marxista Leninista (TKP/ML) nel 1972 ed era noto ad Abdullah Öcalan e al primo movimento Apoci. Kaypakkaya era un internazionalista molto interessato alla questione curda. Pubblicò una tesi sul tema nel 1972 in cui legava in modo diretto la libertà del popolo curdo, e di altre minoranze all’interno dello Stato turco, alla libertà della maggioranza turca. Per via della sua abilità nell’organizzare, Ibrahim Kaypakkaya era considerato estremamente pericoloso dall’Organizzazione Nazionale di Intelligence Turca perché era una persona che quasi da sola era in grado portare idee comuniste in Turchia. Kaypakkaya cadde Şehid il 18 maggio 1973 dopo aver resistito alla tortura nella famigerata galera di Diyarbakir (Amed n. 5) per oltre quattro mesi. In un’occasione fu costretto a camminare scalzo per 50 km su neve e ghiaccio. L’eredità di Kaypakkaya è un esempio importante di resistenza nelle carceri e internazionalismo.
Anche Mahmut Zengin, Eşref Anyik, Ferhat Kurtay e Necmi Öner caddero Şehid all’interno delle mura del carcere di Diyarbakir (Amed n. 5). Il 18 maggio 1982, i quattro amici si coprirono di giornali che erano stati imbevuti di vernice, e, mentre si tenevano per mano, si diedero fuoco fino alla morte. Questa azione era progettata per essere simile all’azione di Mazlum Doğan che diede fuoco alla sua cella a Diyarbakir in occasione del Newroz (21 marzo) dello stesso anno. Lo scopo delle azioni di tutti questi compagni era di attirare l’attenzione sulla tortura dei prigionieri a Diyarbakir e sulle condizioni disumane che erano costretti a sopportare. Il martirio di questi amici segna un momento importante nella storia del PKK, dato che in quel momento molti appartenenti al partito erano incarcerati a Diyarbakir o venivano addestrati a tattiche di guerriglia in Libano, e questo aveva lasciato in Kurdistan un vuoto che avrebbe potuto portare a una crisi organizzativa se non fosse stato per le azioni di coloro che resistevano nelle carceri. Di fatto, una delle discussioni più importanti all’intero del partito in quel periodo, riguardava il fatto se gli amici del partito dovessero lasciare il Medio Oriente e spostare il focus del partito sulla diaspora europea. La lotta nelle carceri chiarì questa linea e rese chiaro che la lotta doveva continuare ad avere la base in Kurdistan.
Ricordare significa lottare
L’importanza dei nostri Şehid non deve essere sottovalutata e guardando alla rivoluzione che è stata conquistata nel nordest della Siria, è chiaro che gli Şehid di maggio che vengono ricordati in questo articolo, hanno aiutato a chiarire le linee dell’internazionalismo e della resistenza nelle carceri che sono centrali nella nostra ideologia. Tuttavia in questo non sono soli, ricordiamo i nostri martiri perché ciascuno di loro ci mostra il modo di vivere e di lottare contro la modernità capitalista. Ogni persona che ci è stata tolta, è una promessa di continuare la battaglia e di continuare a lottare perché un altro mondo è possibile. La modernità capitalista cadrà, e noi, il popolo, saremo i suoi carnefici!
Şehid namirin! Biji Berxwedana Zindana! Lunga vita all’internazionalismo!