In un tempo di incertezza e caos, lo spirito della rivoluzione inizia di nuovo a aggirarsi e inizia un tempo in cui la forza dell’immaginazione può dare alla lotta una nuova speranza.
I due tempi della rivoluzione sono vivi, rappresentano la nostra storia che continua. Uno dei tempi, è la lunga linea di una lotta di liberazione per una società libera iniziato con Marx, il periodo dell’utopia socialista, della lenta, paziente crescita, una raccolta di esperienza e acquisizione di consapevolezza. L’altro periodo è il periodo della rivolta, il momento della lotta, la frazione di secondo della storia in cui tutto è possibile e che anticipa il mondo a venire – il nostro momento di libertà, dell’azione. Questi due tempi formano un’unità, la nostra unità, i due tempi della nostra storia, del nostro cammino. Sono questi i due poli del nostro movimento: la linea della socialità storica, l’eredità della comunanza neolitica e della ricerca di verità profetico-filosofica da un lato, e la forza creativa degli eventi dall’altra, che da ultimo nella rivolta del 1968 per un momento ha profondamente scosso la realtà dominante – una rivolta che non è passata, ma che come fuoco segreto arde fino a oggi e è diventata il punto d’inizio di una nuova linea della lotta. Questa linea collega mondi, epoche, crea legami dal Vietnam fino al Messico e al Kurdistan, perché noi tutte e tutti siamo figli di questo momento di speranza.
I grandi campi della lotta che determineranno il nostro secolo sono segnati. È la ragione, la ragione del loro sistema che oggi più che mai minaccia vita sociale, la stessa vita sul nostro pianeta. È la ragione dell’uomo dominante, la concezione positiva dello spirito razionale che ha soggiogato la natura e che plasma questo mondo secondo la sua volontà – creazione maschile del potere. Non solo attraverso la devastazione del nostro pianeta e l’orrore dello sterminio di massa da parte del fascismo abbiamo dovuto dolorosamente apprendere dove può portare il dominio di una ragione senza limitazioni, di una ragione patriarcale, della fredda razionalità dell’uomo bianco che si vede di fronte alla „natura selvaggia“, alle „società primitive“ e al femminile. Noi sappiamo che questa ragione che fraziona, analizza, divide in classi e gerarchie, frantuma la viva molteplicità e la trasforma in oggetti morti e materiale grezzo, non è l’apice della creazione umana di cultura, ma la sua fine; non la società progressiva, ma il suo decadimento.
È la nostra utopia della società libera contro il loro dominio degli Stati Nazione, del capitalismo e dello sfruttamento industriale; contro l’isolamento e il dominio del denaro il nostro confederalismo democratico che collega le comuni. Contro la loro assenza di cultura, l’assimilazione e i genocidi, contro lo sfruttamento, la distruzione e alienazione, la nostra cultura della vita, lo spirito della comune, il nostro partito mondiale, il nostro prendere-partito.
Si tratta del dispiegarsi di una cultura democratica che questi pensieri riempiono di vita. Perché la società libera non è un’idea astratta, ma il nostro modo di vivere concreto, il nostro modo di collegarci quotidianamente con la lotta e l’utopia. La nostra cultura è significato, è vita, è creatività, è consapevolezza, empatia e comprensione; è ricerca, un processo dell’agire, del soffermarsi, del criticare, del superare. La nostra cultura è l’auto-organizzazione, l’autodifesa, una lotta comune, creazione quotidiana – un respingere-e-creare, agire sociale oltre sfruttamento e lavoro morto. La cultura resistente oggi deve trovare il suo inizio nel rifiuto radicale di questa modernità capitalista, nella consapevolezza e volontà di appropriarci delle nostre vite – un respingere-e-creare. L’essere umano, questo per noi non è un singolo individuo, e certamente non è l’uomo solitario. Noi sappiamo che l’essere umano è società, vita comunale, organizzata intorno alla donna, alla coscienza e all’uguaglianza, un sentire-e-pensare, un segreto lavorare-e-lottare, una vita nella dignità. Noi siamo figli della linea materna, della cultura della Dea Madre, che è natura, che è vita, che è unità – un crescere, un finire-e-diventare, una profondità, esperienza e saggezza, un desiderio che non si spegne. Questa cultura è mito, è sapere, e è millenni più vecchia del sistema che ci troviamo di fronte. È utopica come la forza della nostra fantasia e reale come la resistenza delle società storiche, delle streghe, degli schiavi, dei profeti, del movimento comunalista di tutte le epoche, determinato come le lotte della gente che lavora, dinamica come il ‘68, che-scorre-sottoterraneamente e dignitosa come i rivoltosi da qualche parte nel sud del Messico, portata dall’amore e dalla rabbia come la guerriglia sulle montagne libere; timida e chiara nel suo significato come la ricerca a tentoni di un mondo diverso…
È vero che ci troviamo in una guerra, ma non è la guerra che ci sconfigge. Perdiamo nella vita se non riusciamo a sviluppare una cultura di resistenza e della vita autodeterminata. Così come anche la guerriglia non è solo la forza della difesa di un territorio o della nuda vita; è la difensora della società, e portatrice di una cultura della vita libera, della responsabilità e del dare un significato, una forza della creatività. Questa è anche la ragione che ha reso l’EZLN simbolo della ricerca di un vita diversa e che ha ispirato in tutti i continenti chi cerca la libertà. Nel giorno di capodanno i resistenti dell’EZLN celebrano il 25° anniversario della loro rivolta di dignità. La loro lotta e le nostre lotte sono una, indivisibili, parte di una rivoluzione globale, che in questo senso è una rivoluzione culturale: una lotta per un modo diverso di vivere.
È tempo per una nuova alleanza. Contro la loro modernità capitalista, una nuova cultura della diplomazia, un’Internazionale della speranza che rende possibile un’epoca democratica, una modernità democratica.
Bager Nûjiyan
dicembre 2018,
Zone di Difesa di Medya, Kurdistan del sud